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michelangelo tagliente 

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Josko Gravner, dall’anfora al vetro: un racconto di coerenza e rivoluzione silenziosa

2025-07-14 12:45

michelangelo tagliente

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Josko Gravner, dall’anfora al vetro: un racconto di coerenza e rivoluzione silenziosa

Accanto alle anfore, Gravner ha iniziato a sperimentare il vetro

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Tra le colline di Oslavia, dove il Collio italiano si allunga fino a sfiorare la Brda slovena, c’è un confine che non divide ma unisce. È il confine dove vive e lavora Josko Gravner, vignaiolo schivo e visionario, che ha fatto del vino un atto culturale prima ancora che agricolo.

Qui la terra è memoria e racconto. È stata campo di battaglia, oggi è luogo di ascolto. È proprio ascoltando la terra che Gravner, fin dagli anni Novanta, ha deciso di risalire il tempo, lasciandosi alle spalle i successi legati ai vitigni internazionali per tornare alle radici: ribolla e pignolo, due varietà autoctone che raccontano il territorio meglio di qualsiasi parola.

Il suo metodo è divenuto iconico: fermentazione e lunga macerazione in anfore georgiane interrate, affinamento paziente in grandi botti. Una scelta che negli anni ha influenzato intere generazioni di vignaioli. Ma per Gravner non si è mai trattato di seguire una moda o di tornare indietro: piuttosto, di guardare avanti restando fedeli a ciò che conta davvero — il rispetto dei cicli naturali, la qualità del tempo, l’essenzialità dei gesti.

Negli ultimi anni, però, qualcosa è cambiato ancora. Non nel cuore del progetto, ma nei suoi strumenti. Accanto alle anfore, Gravner ha iniziato a sperimentare il vetro: materia pura, neutra, trasparente. Lo ha fatto con la complicità del nipote Gregor Pietro e due collaborazioni chiave: EnoKube e Pfaudler.

EnoKube è una vasca da 10 ettolitri interamente in vetro, pensata per affinare piccole partite con precisione quasi chirurgica. Un oggetto bellissimo, nato dall’incontro con il mastro vetraio Vittorio Benvenuto e l’ingegno tecnico di Enrico Cusinato. Ma il vetro, da solo, ha i suoi limiti strutturali. E così è arrivata la collaborazione con Pfaudler, azienda leader nei serbatoi in acciaio vetrificato: contenitori capaci di unire l’inerzia chimica del vetro alla resistenza dell’acciaio, ideali per volumi più importanti.

Come spiega Mateja Gravner, figlia di Josko, «non è una scelta estetica, ma etica». Due strumenti diversi, complementari, entrambi al servizio di una stessa idea: custodire la materia senza alterarla, rispettarla in ogni fase, affinarla con delicatezza.

Per chi visita Oslavia e ha la fortuna di avvicinarsi a questa realtà, l’impressione è quella di un luogo fuori dal tempo, dove ogni cosa – dalle anfore alle parole – è misurata e necessaria. Eppure, Gravner non è un uomo del passato. È un artigiano del futuro, che ha scelto di non urlare per farsi sentire.

Il vetro, forse, è solo l’ultimo capitolo di un racconto cominciato molto prima. Un racconto che continua a sorprenderci per la sua capacità di restare fedele a sé stesso, pur cambiando forma.

 

Josko Gravner, from Amphora to Glass: A Story of Consistency and Quiet Revolution

In the hills of Oslavia, where the Italian Collio stretches toward Slovenia’s Brda, there is a border that doesn’t divide—it connects. It’s here that Josko Gravner lives and works: a discreet, visionary winemaker who has made wine not just an agricultural act, but a cultural one.

Here, the land is memory and story. Once a battlefield, today it’s a place of deep listening. And it was by listening to the land that, since the 1990s, Gravner decided to go back in time, leaving behind the success tied to international grape varieties to return to his roots: Ribolla and Pignolo, two native grapes that speak of this territory better than any words.

His method has become iconic: fermentation and long maceration in buried Georgian amphorae, followed by patient aging in large oak barrels. A choice that has inspired entire generations of winemakers. But for Gravner, it was never about following a trend or simply looking backward—it was about moving forward while staying true to what really matters: respect for natural cycles, the quality of time, and the essential nature of each gesture.

And yet, something has changed again in recent years. Not the heart of the project, but its tools. Alongside the amphorae, Gravner has begun to experiment with glass: a pure, neutral, transparent material. He did so with the support of his nephew Gregor Pietro and through two key collaborations: EnoKube and Pfaudler.

EnoKube is a 10-hectoliter tank made entirely of glass, designed to refine small batches with near-surgical precision. A beautiful object, born from the meeting of master glassmaker Vittorio Benvenuto and the technical insight of Enrico Cusinato. But glass alone has its structural limits. That’s where the partnership with Pfaudler comes in—an industry leader in glass-lined steel tanks. These containers combine the chemical neutrality of glass with the strength of steel, making them ideal for larger volumes.

As Mateja Gravner, Josko’s daughter, explains, “It’s not an aesthetic choice, but an ethical one.” Two different, complementary tools, both serving the same purpose: to preserve the raw material without altering it, to respect it at every stage, and to refine it with care.

For those who visit Oslavia and have the chance to experience this world firsthand, the feeling is that of a place outside of time—where everything, from amphorae to words, is measured and meaningful. And yet, Gravner is not a man of the past. He’s a craftsman of the future, who has chosen not to shout in order to be heard.

Glass, perhaps, is just the latest chapter in a story that began long ago. A story that continues to surprise us with its ability to stay true to itself—even as it changes shape.

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